L’approccio sistemico nell’osservazione dei DSAp
L’approccio sistemico nell’osservazione dei DSAp
Una prospettiva interpretativa della ricerca sui disturbi specifici dell’apprendimento è determinata da un approccio sistemico che, vista la molteplicità degli orientamenti teorici e culturali relativi a questa componente dello sviluppo infantile, considera imprescindibile la necessità di tenere in considerazione sia gli aspetti cognitivi, attribuibili al disturbo, sia quelli emotivo-relazionali e socio-culturali.
Risulta importante, secondo questa visione, ampliare le aree di osservazione rispetto alle origini dei sintomi evidenziabili nei DSAp e considerare come elementi determinanti, e influenzanti, l’ambiente familiare, sociale, culturale e scolastico del bambino che ne soffre. Una visione della realtà multidimensionale permette una formulazione diagnostica più oculata e, successivamente, una progettazione prospettica di intervento più adeguata.
Si ritiene quindi importante ipotizzare e progettare un intervento che tenga conto sia degli aspetti specifici del disturbo sia dell’ambiente di riferimento del bambino.
L’ ambiente di riferimento primario è la famiglia che ha volontariamente o implicitamente formato il bambino nelle sue caratteristiche intrinseche – tenendo in considerazione sicuramente il temperamento e le peculiarità del bambino stesso – e ne ha forgiato i valori, le credenze, i comportamenti e i modelli relazionali. Anche gli aspetti genetici hanno la loro rilevanza nella probabilità che si presentino disturbi dell’apprendimento, ma non bastano a giustificarne le manifestazioni in quanto una base genetica predisposta a tali sviluppi non è separata dall’influenza che l’ambiente esterno ha su di essa. L’ambiente esterno, come la famiglia appunto e le condizioni socio-culturali che la connotano, ha una forte incisività sul creare le condizioni per le quali uno specifico disturbo si presenti o meno. A questo proposito è necessario porre attenzione alle diverse modalità con le quali si esprimono i sintomi che potrebbero avere come causa fondante sia un disturbo del neurosviluppo, quindi un origine di tipo funzionale, sia essere le conseguenze di comportamenti traumatizzanti che il bambino può aver subito nell’ambito familiare o extrafamiliare. In entrambi i casi la qualità della relazione che si instaura tra il bambino e le figure di riferimento ha il potere di aggravare o mitigare gli effetti del disturbo.
Anche gli insegnanti, figure centrali della formazione scolastica, hanno una responsabilità importante per quanto riguarda la prognosi, riferita al tipo di interventi di sostegno e
potenziamento proposti e, ancor prima, nella individuazione delle difficoltà del bambino. Il tipo di relazione che l’insegnante costruisce con l’alunno può agevolare i processi di apprendimento oppure contribuire allo svilupparsi di problematiche, anche comportamentali e di tipo disfunzionale, che provocano sofferenza e disagio nel bambino. Con quest’ultima ipotesi il rischio di esclusione e di emarginazione è molto alto ed è facilmente intuibile come le difficoltà relazionali che un bambino può avere con i pari, come lo sono i compagni di classe, siano la causa di ulteriori sofferenze in quanto i comportamenti disfunzionali rendono difficile anche per i compagni stessi relazionarsi con il bambino che li presenti; questo è osservabile sia nei casi in cui le origini del disturbo siano eventi traumatizzanti, sia nei casi di DSAp in comorbillità o meno con Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) o Disturbi della Condotta (DC).
Quando si rilevano a scuola o a casa difficoltà nell’apprendimento ci si rivolge a neuropsichiatri infantili, logopedisti, psicologi, psicomotricisti o se si riscontri un caso di maltrattamento o abuso sul bambino ai servizi sociali. Per quest’ultimo la rete dei servizi che si occupano di tali problematiche ha anch’essa una quota parte di responsabilità rispetto alla diagnosi e all’esito verso il quale queste difficoltà possono portare.
Nelle famiglie che hanno difficoltà socio-economiche e culturali, come nel caso di immigrati, il fattore dei servizi sociali disponibili sul territorio è ulteriormente rilevante; la presenza o meno di un sostegno alle famiglie può fare la differenza. Nelle famiglie più agiate le problematiche all’interno delle stesse sono di natura diversa ma non meno rilevanti dal punto di vista emotivo-relazionale. In questi casi rilevare, o anche solo credere, che vi siano problemi, anche gravi, di maltrattamenti e abusi è molto più difficile. In queste stesse famiglie nei casi di DSAp invece il livello di stress, dato dall’alta richiesta di prestazioni performative che una famiglia di successo può richiedere al figlio, è molto forte e condiziona il tipo di evoluzione che le difficoltà caratterizzanti il disturbo possa avere nel tempo.
Prendendo quindi in esame i DSAp e osservandoli dai diversi campi di indagine di cui abbiamo parlato in precedenza che riguardano le caratteristiche specifiche del bambino, la relazione che ha con le figure di riferimento, il tipo di contesto familiare, sociale e culturale al quale appartiene, e ancora, la rete dei servizi sociali presenti o meno sul territorio e le modalità relazionali degli specifici professionisti è possibile avere un quadro d’insieme integrato e completo del contesto di sviluppo del bambino.