Image Alt

Blog

I tre tipi di abuso: fisico, sessuale e psicologico

 

La percezione collettiva sulla necessità di proteggere i bambini dai danni fisici ha avuto una lenta evoluzione storica. In alcuni quartieri inglesi era considerato quasi un diritto del capofamiglia maltrattare i familiari e questo non era di competenza della legge. La casa di un gentiluomo inglese veniva considerata il suo castello, le modalità educative e le regole di comportamento all’interno dell’abitazione erano stabilite esclusivamente dal capofamiglia (Bifulco, Moran, 2007, pag. 85). Ai giorni nostri la sensibilità rispetto agli abusi fisici è molto migliorata ma ancora vengono alla luce eventi che fanno dubitare del reale progresso raggiunto. Il castigo fisico viene ancora accettato per il principio secondo il quale sarebbe giusto che i bambini acquisiscano un codice di comportamento, per il cui raggiungimento si ritiene necessario imporre sanzioni, anche fisiche, nel momento in cui vengano superati i confini comportamentali prestabiliti. Per cui si evince che l’uso della punizione fisica, come mezzo per regolare il comportamento del bambino, sia ancora un valore condiviso.

Ci si chiede, allora, quale sia la soglia oltre la quale una punizione diventa un abuso e quale sia il grado di gravità dello stesso. Per abuso si intende chiaramente un atto aggressivo agito su un altro individuo che avrà poi conseguenze sul piano psicologico. Alcuni casi gravi di abuso possono essere: buttare giù dalle scale, picchiare ferocemente o mutilare a vita qualcuno. Azioni fisiche meno gravi come colpi leggeri sulle mani o dietro le gambe potremmo non definirli abusi.

Per stabilire la gravità dell’aggressione fisica vanno considerate le caratteristiche della violenza stessa: il grado di forza usato, il modo in cui il bambino è stato picchiato, con quale frequenza e in quale parte del corpo. Anche la ferocia e la furia dell’attacco aggressivo implicano un aumento della gravità del danno inflitto. Riporto ora un esempio preso dalle ricerche di Bifulco e Moran del 2007 tratte dal libro Il bambino maltrattato: “ Potevi davvero misurare a che livello era arrivato mio padre, perché la sua espressione cambiava, gli occhi diventavano furiosi e alla fine perdeva il controllo. Potevi vedere che accadeva: se ne stava seduto con aria annoiata e poi improvvisamente esplodeva e diventava totalmente diverso. Era davvero spaventoso”.

Va presa in considerazione anche l’imprevedibilità delle aggressioni, come riporta l’esempio che segue tratto dalle stesse ricerche di Bifolco e Moran: “Un giorno stavo passando l’aspirapolvere e inavvertitamente aspirai un pezzetto di biscotto per cani. Mamma, come uno spirito che preannunciava la morte, entrò in cucina urlando, perché pensava che avessi rotto l’aspirapolvere. Io stavo passando l’aspirapolvere e un minuto dopo ho sentito tutti quei colpi sulla nuca. Non sapevi mai che cosa avevi fatto per scatenarla. Il baccano che faceva era spaventoso, le sue grida e le sue urla. Sembrava aver perso totalmente il controllo”.

Altri elementi che aumentano la gravità dell’aggressione fisica sono l’umiliazione pubblica e il tipo di danni subiti a livello corporeo. La violenza nell’ambiente familiare è sicuramente quella più grave, soprattutto a livello psicologico, perché quello che dovrebbe essere un luogo di calore, cure e protezione diventa invece un luogo di terrore. Gli abusi possono essere perpetrati dal padre, dalla madre, da genitori sostitutivi, da altre figure di accudimento o da fratelli maggiori. Le aggressioni da parte dei fratelli sono più rare ma spesso molto gravi e vengono facilmente trascurate dagli studi sugli abusi fisici nonostante il danno psicologico che producono. 

La maggioranza dei casi degli abusi fisici più gravi e più frequenti sono quelli commessi dai padri, di minore gravità invece quelli commessi dalle madri.

L’abuso fisico è altamente correlato con la negligenza, come se quest’ultima fosse l’origine manifesta di un disprezzo e un’aggressività che può poi evolvere in violenza fisica.

Per sopravvivere a queste brutali esperienze infantili i bambini adottano diverse strategie: fuggire di casa per evitare le percosse, riuscire ad evitare di essere presi e picchiati, andare via di casa il prima possibile e a volte scegliere di vivere per strada pur di non stare sotto lo stesso tetto con l’abusatore. Altre strategie possono essere la ritorsione sotto forma di minaccia, magari durante l’adolescenza in cui i giovani sono più forti fisicamente e si sentono in grado di sfidare l’aggressore: “Se mi picchi un’altra volta, ti meno anch’io!”.  In aggiunta ad un atteggiamento assertivo è possibile che si riveli anche un certo grado di aggressività contro l’abusatore, come descrive la storia che riporto tratta dagli studi di Bifulco e Moran: “Il mio patrigno una volta mi fece un occhio nero ed io gli diedi un calcio. Lui mi picchiò sul viso; corsi in camera mia e gli chiusi una mano nella porta”.

L’abuso spesso viene interrotto proprio da atteggiamenti assertivi delle vittime che fronteggiando l’aggressore restaurano in tal modo un senso di sé e di autonomia. Altre volte invece il senso di impotenza e il sentimento paralizzante di paura costante schiaccia il potere personale.

Per sopravvivere i bambini sviluppano la capacità di sintonizzarsi con l’umore dell’aggressore, di riuscire a calmarlo quando all’orizzonte sembrano apparire i primi segnali di un’imminente esplosione. Al contrario imparano a compiacere l’aggressore in uno stato di totale obbedienza, nella vana speranza di scoraggiare un attacco. In queste condizioni cosi pericolose i bambini vivono in uno stato interno di iper-vigilanza, in continua tensione e iper-attivazione fisiologica dovuta alle aggressioni frequenti e imprevedibili.

Questo stato emotivo alterato dalla paura rimane presente in modo costante, anche a scuola si possono rilevare comportamenti o stati della mente che corrispondono ad abusi fisici subiti in famiglia. È frequente che proprio gli insegnanti si accorgano di lividi sul corpo dei bambini e ne facciano segnalazione ai servizi sociali. Uno stato psico-fisico così compromesso influisce sulle capacità attentive e la stanchezza porta a compiere uno sforzo maggiore nello svolgimento dei compiti.

Dopo un secolo di cambiamenti sociali e legislativi è stato riconosciuto che l’abuso fisico sui bambini è un fenomeno grave e molto diffuso. Se la scoperta dell’abuso è di primaria importanza anche la prevenzione dovrebbe essere una meta a lungo termine. I bambini che subiscono violenza fisica oggi potrebbero essere i genitori, traumatizzati, di domani e perpetrare il circolo del dolore.

L’abuso sessuale è un fenomeno che ha origine nella storia dell’uomo ed è stato ampiamente documentato nel corso del tempo da antropologi, sociologi e anche da Freud nell’ascoltare racconti di violenze sessuali e di incesti delle sue prime pazienti. È stato un tema frequente anche in letteratura, come ne è un esempio, a tutti noto, Lolita di Nobokov degli anni ’50 in cui si parla in modo esplicito dell’abuso su una ragazzina di 13 anni.

È solo a partire dagli anni ’80 che l’abuso sessuale è diventato di interesse sia sociale che degli studiosi, tanto da essere oggi il tipo di abuso più monitorato. La difficoltà che si trova nel riconoscere l’abuso sessuale sta nel fatto che rimane spesso segreto ed è sicuramente il più stigmatizzante sia per la vittima che per chi lo compie. Inoltre è stato riscontrato che le vittime di abuso sessuale facilmente dimenticano l’accaduto, soprattutto se avviene nell’infanzia. Anche se la memoria dell’accaduto rimanesse, la narrazione sarebbe frammentata perché gli stati emotivi collegati all’abuso sono controversi. Spesso la vittima si sente colpevole o viene colpevolizzata, prova vergogna e paura perché minacciata dall’abusatore. Non è infrequente che l’abuso venga camuffato da un ambiente e un clima ‘affettuoso e amorevole’ – un atteggiamento tipico dei pedofili – ed è proprio la partecipazione giocosa a tale inganno a far sentire i bambini colpevoli dell’accaduto.

Dentro alla definizione di abuso sessuale infantile rientrano tutte le violenze a sfondo sessuale che comprendono quelle perpetrate dai familiari (padri, fratelli, parenti e amici di famiglia), quelle agite da estranei, fidanzati e gruppo dei pari, quelle che rappresentano un’autorità come insegnanti, preti, medici ecc. Oltre al contatto fisico ed alla penetrazione vera e propria, vengono considerati come abusi sessuali anche quelle esperienze nelle quali il bambino è costretto ad assistere ad immagini pornografiche o ad essere usati a quel fine. L’abuso sessuale definisce tutto ciò che vede lo sfruttamento dei bambini per fini di gratificazione sessuale di un adulto.

Come negli altri tipi di maltrattamento e abuso fisico chi commette l’abuso sessuale si approfitta dell’inermità dei bambini, ne viola i diritti umani e – considerando che la maggior parte delle volte si tratta di persone familiari al bambino – ne tradisce la fiducia. A questo proposito è stato osservato che l’abuso sessuale avviene con maggiore prevalenza nelle famiglie con un genitore acquisito oppure nei contesti istituzionali come quelli religiosi, famiglie affidatarie o da persone che sono incaricate alla custodia dei bambini. 

L’abuso sessuale è fortemente correlato alla negligenza perché un bambino trascurato e lasciato solo corre maggiormente il rischio di essere vittima di adulti appartenenti alla famiglia. La condizione di vulnerabilità del bambino facilita l’autore dell’abuso nell’ottenere la sua accondiscendenza a mantenere il segreto applicando sottili metodi di controllo e di dominio. Nei casi più gravi il segreto viene mantenuto perché l’abusatore ottiene il compiacimento dei propri desideri con la minaccia di violenza sulla madre o sui fratelli. Sfortunatamente spesso accade che l’abusatore ha dei complici in famiglia (la madre o altri parenti) che impediscono o complicano molto la possibilità di sporgere denuncia.

Michelle Eliot ha condotto uno studio basato sull’intervista di numerosi stupratori ed ha ottenuto diverse informazioni riguardo al tipo di vittime dalle quali loro erano attratti. Da questi dati si è visto come molti di essi fossero attratti da bambini/e innocenti e fiduciosi oppure poco sicuri e con scarsa autostima resi più vulnerabili da problematiche familiari.

L’abuso psicologico implica un modo più calcolato di procurare danno al bambino usando livelli estremi di controllo, dominio e denigrazione. Al posto di violenza fisica e sessuale in questi casi si trovano azioni o parole spietate che spesso sono premeditate e di cui l’autore si compiace, come l’umiliazione casuale e degradazione estrema.

La chiave dell’abuso psicologico è il dominio che il genitore abusante e sadico usa con intenzionalità. Infatti la differenza tra questo aspetto sadico e la negligenza sta nel fine perseguito dal genitore. La deprivazione dei bisogni primari, fisici o emotivi (cibo, luce, sonno e compagnia) che vengono inflitti hanno lo scopo di indurre il bambino alla sottomissione. Il genitore deprivante  può isolare e stigmatizzare il bambino in modo disumano.

L’abuso psicologico si manifesta anche infliggendo un forte disagio fisico con modalità diverse dalla violenza corporea, costringendo il bambino, ad esempio, a ingoiare cibo immangiabile. Numerosi genitori arrivano a livelli irragionevoli nel forzare i figli a mangiare fino in fondo il loro pasto, facendoli arrivare addirittura a rigurgitare e obbligandoli poi a mangiare il loro stesso vomito.

Un altro modo per infliggere abuso psicologico è quello di terrorizzare i bambini ‘giocando’ con le loro paure infantili, come  costringerli a rimanere chiusi al buio in una stanza. Altre volte i genitori si rivolgono ai figli con parole e azioni degradanti al fine di far provare loro vergogna oppure umiliarli in situazioni pubbliche. 

L’abuso psicologico spesso associato a quello sessuale è il ricatto emotivo (la minaccia di violenza sulla madre e i fratelli), di cui abbiamo già accennato in precedenza, usato per ottenere l’accondiscendenza dei bambini. La storia di Lolita  narra di un ricatto emotivo messo in atto dall’abusatore allo scopo di scoraggiare la vittima ad un eventuale denuncia.  La manipolazione psicologica ne accresce il terrore così da farle supporre che la situazione migliore sia quella di mantenere il segreto e di accondiscendere alle sue richieste. 

Analoghi metodi di abuso psicologico sono evidenti nelle tecniche predatorie dei pedofili, quando isolano i bambini e li persuadono a essere remissivi (Bifulco, Moran, 2007, pag.129).

Per i bambini che subiscono queste forme di abuso psicologico è molto difficile mantenere il senso di realtà e conservare un senso di autostima e di valore personale. Spesso gli effetti sono devastanti e i sentimenti di inferiorità, vergogna e solitudine possono essere schiaccianti per l’identità. 

Sotto molti aspetti tutte quelle storie di donne schiacciate dall’estremo controllo del partner dominante fanno pensare all’esperienza di bambine dominate da genitori psicologicamente abusanti. Il contesto della violenza domestica, la restrizione della libertà e l’esclusione dalle risorse, le aggressioni subite, gli insulti e le umiliazioni fanno parte delle storie di quelle donne. Infatti spesso una storia infantile segnata da torture fisiche e psicologiche, porta ad acquisire schemi relazionali che vengono facilmente ritrovati nelle relazioni adulte perpetrando così un circolo doloroso senza fine.

Bibliografia

BERTETTI B. (2008), Oltre il maltrattamento. La resilienza come capacità di superare il trauma, FrancoAngeli, Milano

BIFULCO A. E MORAN. P (1998), Il bambino maltrattato. Le radici della depressione nel trauma e nell’abuso infantile, ed. 2007, Astrolabio, Roma

DI BLASIO P. (2000), Psicologia del bambino maltrattato, Il Mulino, Bologna

MALACREA M. (2018), Curare i bambini abusati, Raffaello Cortina, Milano MARCELLI D. E COHEN D. (1984), Psicopatlogia del bambino, ed. 2017, Edra,

Milano

WATZLAWICK P. E BEAVIN J.H E JACKSON D.D. (1967), Pragmatica della comunicazione Umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, ed. 1971,