I VOLTI DEL MALTRATTAMENTO
Le forme del maltrattamento sono molteplici ed hanno volti a volte non riconoscibili a causa dell’accettazione culturale rispetto a certi comportamenti ritenuti necessari per l’educazione dei figli (punizioni, schiaffi ecc.). Anche se dagli anni ’60 ad oggi i bambini sono stati riconosciuti come soggetti aventi diritti ed il cambio di concezione rispetto al bambino visto in “negativo”- come se fosse un essere dotato di spinte egoistiche da contrastare e da reprimere per adeguarlo ai ritmi e ai modelli della socializzazione (Di Blasio, 2000) – ha modificato quello che era il credo comune rispetto alla legittimità di comportamenti violenti e abusanti, rimangono ancora retaggi culturali che fanno tollerare o accettare quelli che sono a tutti gli effetti maltrattamenti infantili.
La mancanza di cure o negligenza nei confronti del bambino è anch’essa tra le facce del maltrattamento e si può manifestare in tre modalità di comportamento genitoriale tra loro collegate: la negligenza materiale, il rovesciamento di ruolo – quando il genitore abdica alle proprie responsabilità di cura e pretende che sia il figlio ad assumersi responsabilità genitoriali e, a volte, a prendersi cura del genitore stesso – e la negligenza emotiva in termini di “antipatia” e rifiuto da parte dei genitori.
È molto facile che nelle famiglie nelle quali si riscontra negligenza materiale siano presenti altre forme di mancanza di cure e di abuso, come condizioni di servilismo delle bambine in casa e varie manifestazioni di rifiuto da parte dei genitori.
Queste esperienze descritte si collocano all’estremità di in un continuum di comportamenti mostrati da molti genitori. Capita che gli adulti siano disattenti nei confronti dei figli, magari si aspettano che contribuiscano alle faccende di casa e che a volte ne critichino il comportamento. Ad un livello ‘lieve’ tali esperienze sono quasi del tutto innocue per il bambino ma a livelli più estremi possono provocare danni a lungo termine al suo senso di sé, alle relazioni con gli altri e alle sue capacità di fronteggiare eventi avversi.
La negligenza materiale è un tipo di abuso occulto, passa inosservato, non si manifesta con segni fisici o atti violenti da parte dei genitori, o di esposizione ad esperienze pericolose. Generalmente i bambini trascurati sopravvivono fino all’età adulta ma con diverse fragilità psicologiche che riguardano in particolare il senso di identità, la valutazione del proprio valore personale e la sicurezza di sé (Bifulco, Moran, 1998, 2007, pag.35).
A questo proposito troviamo riscontro nelle parole di Bowlby nel suo libro La separazione dalla madre del 1973: Per alcuni è addirittura sconosciuta persino l’esistenza di figure che accudiscono e aiutino; per altri è stato costantemente incerto il luogo dove tali figure potessero trovarsi. Per molti di più la probabilità che una figura che li accudiva reagisse aiutandoli è stata nella migliore delle ipotesi incerta e nella peggiore nulla. Non vi è da sorprendersi se questi individui, una volta diventati adulti, non credono alla possibilità che esista mai una figura veramente disponibile e fidata che si curi di loro. Ai loro occhi il mondo appare sconsolato e imprevedibile; ed essi reagiscono evitandolo e lottando contro di esso.
La negligenza estrema contiene elementi di forte avversione nei confronti dei bambini, i quali imparano a vivere senza contatto fisico o verbale dalla madre, abituandosi ad essere ignorati per lunghi periodi di tempo. I bambini che crescono in contesti relazionali simili possono diventare tetri, chiusi in se stessi e ostili a causa proprio di una visione del mondo come un luogo freddo e solitario. La mancanza di contatto umano porta i bambini ad un fallimento dello sviluppo che si manifesta con disattenzione e apatia. Lo si è potuto riscontrare nei casi di abbandono o morte della madre in cui i bambini venivano lasciati in orfanotrofi. Tali risposte alla mancanza di cure si possono vedere anche in famiglie nelle quali sono presenti entrambi i genitori ma che tuttavia, avendo un atteggiamento di indifferenza verso i figli, viene a mancare la protezione adeguata e atta a difenderli dai pericoli esterni, lasciati quindi a se stessi. La negligenza può diventare la causa di incidenti e forme più gravi di eventi traumatizzanti.
La madre è il primo punto di riferimento per il bambino, la fonte di calore, sicurezza e di nutrimento e attraverso la relazione con lei identifica se stesso e impara ad entrare in relazione con il mondo esterno. Quando questo rapporto è caratterizzato da negligenza, disinteresse e avversione i bambini possono soltanto concludere che il mondo è ostile e insicuro, che loro non sono degni di ricevere amore. ( Bifulco, Moran, 2007, pag.37)
Per valutare la negligenza genitoriale bisogna considerare di cosa ha bisogno un bambino per crescere sano, sia fisicamente che psicologicamente. Le cure materiali come il nutrimento, la pulizia, i vestiti, avere un riparo e cure mediche sono essenziali per la sopravvivenza; la cura emotiva è di vitale importanza per un buon funzionamento psicologico in quanto il bambino ha bisogno di sentirsi protetto e di essere incoraggiato al contatto sociale per imparare a comunicare con gli altri. Ha inoltre bisogno di ricevere sostegno, di ricevere strumenti e stimoli adeguati perché possa apprendere abilità per affrontare le sfide della vita. Se questi elementi sono presenti allora il bambino ha gli strumenti e le esperienze necessarie per acquisire un senso di identità sociale, di valore personale e di capacità per fronteggiare l’ambiente. Di contro l’assenza di queste condizioni è da intendersi come un comportamento genitoriale negligente. Tali comportamenti non sono correlati a condizioni di indigenza in quanto la povertà non determina la mancanza di cure e attenzione da parte dei genitori, così come un lavoro remunerativo non garantisce amore e dedizione per i figli. Alcuni casi di negligenza possono essere ascritti a situazioni familiari che presentano problemi psichiatrici e in particolare di alcolismo – soprattutto se è la madre a soffrirne – dove l’effetto dannoso sulla mancanza di accudimento può essere anche grave.
I bambini che subiscono questo tipo di maltrattamenti provano forti sentimenti di inferiorità, di impotenza e di insicurezza che possono influire anche sul rendimento scolastico. In classe non alzavo mai la mano quando veniva posta una domanda o quando non capivo qualcosa. Era difficile chiedere aiuto agli insegnanti e non chiesi mai aiuto per i miei problemi personali neppure ai membri della famiglia. Quando diventai miope non lo dissi a nessuno, anche se non riuscivo a vedere la lavagna. Mi sentivo sempre inadeguata, specialmente negli anni dell’adolescenza. Sentivo di non aver nessun controllo sulle cose che succedevano nella mia vita (Bifulco, Moran, 2007, pag. 45).
La negligenza nelle cure che i bambini subiscono fa parte di quelle esperienze distruttive che inibiscono le capacità di sviluppo fisico e psicologico. La mancanza di cure materiali ed emotive e di contatto con la madre, o di chi ne ha la funzione, fa sì che il bambino interpreti queste mancanze come un non essere meritevoli di amore e quindi di essere privi di valore. Questo tipo di esperienza è pervasiva e non trova forme di conforto. Non è possibile valutare la frequenza con il quale un bambino venga trascurato, come invece è più facile fare con le forme di abuso fisico o sessuale. La negligenza nella sua forma più grave accade tutto il giorno e tutti i giorni per i bambini che vengono ignorati e di cui viene ‘cancellata’ l’identità ( Bifulco, Moran, 2007, pag. 49).
Prendendo in esame invece il rovesciamento di ruolo come forma di maltrattamento entriamo in contatto con quello che per secoli è stato accettato e vissuto come normale: ovvero il lavoro minorile, sia quello svolto fuori casa per contribuire alle spese familiari sia quello dentro casa dove le bambine erano impegnate nelle faccende domestiche e nell’accudimento dei fratellini. Questo aspetto del vissuto quotidiano infantile, che a sentirlo ci fa pensare a tempi lontani, fa ancora parte di alcune realtà familiari dei nostri giorni. In alcuni casi i bambini non frequentano la scuola quanto sarebbe opportuno – una volta questi bambini non ricevevano proprio un’istruzione – e di conseguenza manifestano un deterioramento del rendimento scolastico a causa della eccessiva stanchezza che le richieste familiari comportano. Con il termine rovesciamento di ruolo ci si riferisce allo scambio di mansioni dove il figlio o più spesso la figlia assume il ruolo e le responsabilità che spetterebbero al genitore. Ad esempio alla figlia può essere richiesto di assumere il ruolo di casalinga con il compito di lavare, cucinare e occuparsi dei fratelli più piccoli oppure può implicare il compito di sostenere il genitore diventando il suo confidente. A seconda del carico di responsabilità che il figlio si trova a sopportare, i sentimenti di preoccupazione – per i genitori e per i fratelli di cui si trova costretto/a ad occuparsi – saranno più o meno gravosi. Nel caso in cui la richiesta di sostegno sia più emotivo che pratico, l’impegno richiesto al figlio sarà più gravoso psichicamente.
Riporto un esempio preso dalla ricerca di Bifulco e Moran del 1998 dal libro Il bambino maltrattato.
Si confidò con me la prima volta che avevo nove anni. Non ricordo di aver provato altro sentimento che la preoccupazione. Quando ero piccola non pensavo che non dovesse dirmi quelle cose, perché era triste e spesso piangeva. Mi faceva anche sentire in colpa dicendomi che aveva rinunciato a tutto per noi figli. Sentivo che aveva bisogno di essere accudita e io ero dispiaciuta per lei. Mi diceva che si sentiva terribilmente male. Io le preparavo delle tazze di té e controllavo che andasse tutto bene.
Molte volte il rovesciamento di ruolo si incontra nelle famiglie in cui muore la madre e la figlia si trova a prenderne il posto oppure quando è presente una matrigna che costringe la bambina in una condizione servile come nella fiaba di Cenerentola.
C’era una volta un signore che prese come seconda moglie la donna più altezzosa che avesse mai conosciuto. Dalla prima moglie aveva avuto una figlia di impareggiabile bellezza e dolcezza di carattere. La matrigna non poteva sopportare le buone qualità di quella graziosa ragazza […] Le faceva sbrigare le più umili faccende di casa. Dormiva in una soffitta. Quando aveva finito il suo lavoro si rincantucciava in un angolo del focolare e sedeva nella cenere.
Nel caso di un figlio maschio, invece, il rovesciamento di ruolo lo si può trovare nelle situazioni in cui muore il padre ed egli viene costretto a lavorare e/o abbandonare gli studi per provvedere al mantenimento dell’intera famiglia oppure se la madre è malata o per qualche altra ragione non più in grado di svolgere le sue funzioni genitoriali.
Ci sono situazioni in cui viene chiesto al figlio/a di diventare complice di uno dei genitori a danno dell’altro e in cui egli è costretto a riceve confidenze inappropriate alle quali viene chiesto di colludere con un inganno, di mentire quindi nell’interesse comune.
Questo tipo di maltrattamento espone i bambini/e in un’età troppo precoce a responsabilità adulte. Il sommarsi di coercizione e critiche da parte dei genitori, del carico delle loro fragilità e debolezze (ricevere confidenze inadeguate, impedire tentativi di suicidio, proteggere un genitore dall’altro o dover colludere con segreti di famiglia ecc.) contribuisce a far sì che tutto ciò diventi dannoso per la salute mentale. Obbligare un figlio/a ad occuparsi di faccende domestiche, lavorare o accudire i fratellini impedisce la possibilità di fare esperienze evolutive cruciali come l’istruzione e le relazioni sociali. Alcuni/e si sentono profondamente risentiti per questo, soprattutto quando i fratelli ne sono esentati. Tali compiti arrivano troppo presto – prima dei 16 anni – e durano troppo a lungo.
Il terzo tipo di maltrattamento è la negligenza emotiva in cui i bambini vengono rimproverati, umiliati, derisi e denigrati. L’infanzia di questi bambini è segnata dalla presenza di antipatia, ripugnanza e rifiuto da parte dei genitori e dall’ostilità del contesto familiare. Per lo sviluppo psicologico dei bambini è necessario che almeno un genitore sia ‘irrazionalmente’ entusiasta di loro e che gli doni affetto incondizionato, ma questo non accade per molti che invece sentono di essere un peso per i propri genitori. Per questi bambini ricevere un complimento è un’utopia, difficilmente riescono ad accontentare le richieste dei genitori, subiscono una condizione di favoritismo dei i fratelli e vengono spesso usati come capro espiatorio; sovente vengono esclusi dalle risorse familiari.
Nei casi di antipatia marcata i bambini ricevono affermazioni del tipo “sembri una vagabonda” o peggio “una puttana” oppure “speriamo che ti si sia rotto il cranio!”.
Non ricevono mai un apprezzamento né i genitori passano volentieri del tempo con loro.
Altre manifestazioni di antipatia si manifestano nel dichiarare ai figli il desiderio che non fossero mai nati o della loro morte.
Alcune critiche ostili derivano non da una mancanza di interesse ma da un’intrusività o eccessivo coinvolgimento dei genitori. Tali ostilità le manifestano spesso i genitori che ripongono sui figli forti aspettative con standard di comportamento elevatissimi, condannandoli al fallimento e a critiche costanti. A volte l’antipatia e l’ostilità scaturiscono dalle difficoltà del genitore di avere ‘controllo’ sul figlio ed usano la critica ed il rifiuto come mezzi per correggere un comportamento indesiderabile. Tale tipo di ‘educazione’ viene considerata da genitori privi di empatia come benefica per il figlio.
Uno degli esiti di un sano sviluppo infantile è la strutturazione di sentimenti di autostima e per far sì che si sviluppino è necessario per il bambino ricevere amore e rispetto da parte dei genitori. All’interno della relazione intima il genitore ha il potere di far nascere nel bambino un senso di competenza, dignità e fiducia in se stesso, allo stesso modo possiede il potere di ostacolare lo sviluppo di queste stesse qualità. I bambini che vivono in contesti relazionali ostili rimangono indifesi, incapaci di piacere e di sentirsi soddisfatti.
Tutte queste forme di maltrattamento infantile sono raramente portate alla pubblica attenzione, nonostante il danno potenziale che esse producono a lungo termine nei bambini.
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