LA COMPLESSITA DELLA MEMORIA TRAUMATICA
Le esperienze traumatiche sono quelle che il nostro organismo e la nostra mente non sono riuscite ad elaborare e per le quali il sistema nervoso è rimasto in uno stato di attivazione senza la possibilità di ritornare ad uno stato di calma. Esse sono difficili da raccontare e da ricordare in modo dettagliato e con un filo logico temporale.
È possibile che vissuti di abuso nell’infanzia vengano apparentemente dimenticati, nascosti nella memoria, ma che rimangano vividi nella memoria del corpo come un ‘fermo immagine’ nel sistema nervoso.
I vissuti traumatici esperiti nell’infanzia possono essere di difficile reperimento mnestico pur rimanendo ‘vivi’ nelle manifestazioni oniriche, è quindi possibile che si ripresentino anche per molti anni nei sogni.
Con un intervento psicoterapeutico è possibile svelare l’evento traumatico, portarlo fuori di metafora e ricostruire piano piano i dettagli dell’evento (il luogo, l’età, cosa è successo) e con il tempo rimettere insieme i pezzi per ricomporre il mosaico narrativo. Nei racconti di persone che hanno subito violenza, soprattutto nell’infanzia, si nota la difficoltà a rimettere insieme i frammenti delle immagini che si presentano alla coscienza.
Spesso la vergogna, la paura, il senso di impotenza sono difficili da sostenere. A volte gli avvenimenti traumatici risalgono a tempi così precoci della vita che ritrovarli e definirli è per qualcuno quasi impossibile.
Questi eventi traumatici fanno spesso parte di un modello comportamentale familiare ed è possibile quindi che si sommino ad altri eventi simili. Spesso tali vissuti portano all’assunzione di sostanze ad atti autolesionisti.
La memoria traumatica porta con sé il senso di solitudine, il dolore della perdita e dell’abbandono di chi invece avrebbe dovuto amare e proteggere, come nel caso di abusi e violenze infantili. Nei casi di incidenti ed eventi catastrofici l’assenza di una persona amorevole può determinare lo svilupparsi di sintomatologie post traumatiche da stress.
Per i bambini che hanno subito maltrattamenti, abusi, violenza fisica o psicologica ogni ricordo degli eventi può essere di intollerabile sostenibilità e di difficile reperibilità nella memoria.
Nei racconti di esperienze difficili e potenzialmente traumatiche si osserva la differenza dell’espressione narrativa rispetto ai racconti non traumatici, i quali mantengono un senso temporale dell’avvenimento, una logica sequenziale dell’accaduto ed una capacità di entrare nei vissuti emotivi, sensoriali e nei dettagli. Nei racconti traumatici invece il tempo rimane come sospeso, nella narrazione la persona si ritrova nel “là ed allora” come se fosse il “qui e ora”. Il tempo interno rimane invariato, congelato, fissato a quell’evento senza sviluppi e senza speranza di cambiamento. Si ripetono le emozioni, le sensazioni e in modo automatico le stesse azioni compiute durante l’evento.
La memoria traumatica viene attivata da specifici trigger (attivazioni sensoriali) e non ha uno scopo specifico, mentre la memoria ordinaria ha uno scopo adattivo e rimane flessibile e modificabile mano a mano che l’evento viene rinarrato. La memoria ordinaria è essenzialmente sociale, è una storia che si racconta con un fine. La memoria traumatica non ha niente di sociale e secondo Van Der Kolk le riattualizzazioni sono congelate nel tempo, isolate, umilianti, alienanti e fini a se stesse. La scissione e l’isolamento delle tracce di memoria degli eventi traumatici rappresentano uno stato dissociativo molto frequente nelle narrazioni di questi. La difficoltà sta nel non riuscire a integrare gli eventi traumatici, di conseguenza nel non poter acquisire nuove informazioni e assimilare nuove esperienze, come se la personalità fosse bloccata in punto preciso della storia e non le fosse più possibile aprirsi a nuovi elementi della vita.
La dissociazione impedisce al trauma di integrarsi all’interno dei magazzini della memoria autobiografica, conglomerati e sempre mutevoli, creando, in sostanza, un sistema di memoria duale. La memoria ordinaria integra gli elementi di ciascuna esperienza all’interno del flusso continuo dell’esperienza di sé attraverso un complesso processo di associazione. Se il problema del PTSD è la dissociazione, l’obiettivo del trattamento dovrebbe essere l’associazione: integrare gli elementi dissociati del trauma nella narrativa corrente della vita, così che il cervello possa riconoscere che “quello era allora e questo è ora” (Van Der Kolk, 2015, pp. 207-208).
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