La dislessia evolutiva
La dislessia è la più nota tra i disturbi specifici di apprendimento (DSAp) ed ha un’origine neurobiologica costituzionale.
Per il bambino dislessico la lettura è faticosa, poco fluente e lenta e queste difficoltà potrebbero derivare da un problema di automatizzazione di alcuni processi di decodifica delle lettere e portano alla poca comprensione di ciò che legge ed a una conseguente scarsità di vocabolario.
La lettura è un procedimento complesso composto da due processi differenti: di “basso livello” e di “alto livello”. In quelli di “basso livello”, detti anche visuo-percettivi, troviamo i processi visivi, la decodifica fonologica, la velocità e l’automaticità mentre in quelli di “alto livello” troviamo i processi linguistici coinvolti nella comprensione del testo, del parlato (la trasformazione dei segni in suoni) ed il vocabolario.
La lettura è un processo che transcodifica i segni scritti nei suoni del parlato ed i bambini dislessici hanno proprio questa difficoltà. Leggere comporta l’abilità delle attività visive – l’elaborazione a livello corticale dello stimolo sensoriale percepito – e degli aspetti linguistici che permettono di riconoscere i suoni delle parole per poi metterli in relazione con le componenti “sublessicali” (come le sillabe) e con le parole già memorizzate. Inoltre comporta l’abilità dei processi di memoria e della componente attentiva.
A questo punto possiamo distinguere diverse tipologie di dislessia in quanto il disturbo può toccare una o più di queste abilità necessarie alla lettura. Quindi è possibile che si abbia un tipo di dislessia prevalentemente visiva oppure fonologico (linguistico) o, ancora, attentivo- spaziale.
Ciò che accomuna queste forme di dislessia è la difficoltà che il cervello presenta nell’imparare ad eseguire alcune operazioni in modo stabile. Infatti si può osservare come il bambino che mostra una dislessia prevalentemente visiva non riesca ad imparare in modo stabile a distinguere, ad esempio, la f dalla t che a livello visivo, soprattutto in stampatello minuscolo, si assomigliano; allo stesso modo con una dislessia fonologica si nota la difficoltà a riconoscere le parole oppure a distinguere suoni simili come la b dalla d, oppure la fatica ad eseguire la fusione tra le sillabe. Nel bambino con dislessia spaziale-attentiva si evidenziano frequenti inversioni nell’ordine di lettura delle sillabe o delle lettere come li viene letto il oppure salta alcune preposizioni, vista la loro brevità.
Per tutti questi tipi di dislessia si rileva una certa incostanza delle prestazioni: il bambino può cominciare a leggere correttamente una parola che poi in seguito potrebbe leggere in modo errato. Questa instabilità è la conseguenza di una mancata capacità di automatizzazione del procedimento e quindi della non acquisizione in memoria dell’esperienza pregressa.
La lettura richiede sia un processo di decodifica che di comprensione. Quest’ultima fa parte di quei processi che abbiamo definito “alti” in quanto è necessario avere una buona competenza lessicale, conoscere il significato delle parole contenute nel testo e delle forme discorsive contenute nello scritto.
I bambini dislessici mettono in evidenza la distinzione, abbastanza netta, tra la decodifica del testo e la sua comprensione. È facile che un bambino dislessico possa leggere molto male ma comprendere invece molto bene il testo, viceversa è possibile che un bambino legga in modo fluido e corretto ma non comprenda ciò che ha letto.
La comprensione del testo e la decodifica sono dunque due processi separati e per parlare di dislessia ci si deve riferire solamente al processo di trasformazione delle parole scritte in suoni. Il processo di decodifica è sicuramente facilitato dalla comprensione di ciò che si sta leggendo perché di fatto il bambino dislessico tende ad anticipare ciò che trova scritto a partire dalle prime sillabe. Questo passaggio è molto importante perchè testimonia una comprensione lessicale di quanto sta leggendo basandosi appunto sulla sua conoscenza delle parole.
Ronald Davis nel suo libro Il dono della dislessia, nel quale parla di genialità del dislessico e di creatività, afferma che: La stessa funzione mentale che crea la genialità, crea anche i loro problemi. Non tutti i dislessici sviluppano gli stessi doni, ma tutti hanno alcune caratteristiche comuni. I dislessici sono in grado di utilizzare la loro capacità di alterare e creare le percezioni; sono estremamente consapevoli dell’ambiente che li circonda; sono più curiosi della media; pensano per lo più per immagini, anziché a parole; hanno molto intuito e introspezione; pensano e percepiscono in maniera multidimensionale (usando tutti i sensi); possono sentire il loro pensiero come reale; hanno una vivida immaginazione (Davis, 1998).
Ciò che Davis scoprì su se stesso è che quando era “al meglio artistico” era “al peggio dislessico” (Grenci, 2015). Lo stesso Davis racconta di come, nel 1980, ricevette una lettera di un artista che gli chiedeva informazioni sulla sua tecnica di scultore e di come, in quell’occasione, rispose con una lettere illeggibile. Nei mesi successivi Davis comprese che nel momento in cui aveva scritto quella lettera era concentrato in un processo creativo e che proprio quello fosse la causa del peggioramento della sua dislessia.
Ciò che colpisce di questo racconto è che, cambiando punto di vista, si può ‘leggere’ come una risorsa creativa quella che viene vissuta come una problematica.
BIBLIOGRAFIA
GRENCI R. (2015), Le aquile sono nate per volare. Il genio creativo nei bambini dislessici, ed. 2016, Erickson, Trento
STELLA G. (2018), Mio figlio non riesce a leggere e…, Giunti, Firenze
VIO C. e TRESSOLDI P.E. e LO PRESTI G. (2012), Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico, Erickson, TrentoLa dislessia evolutiva
Aggiornamento: 13 mag 2020